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Cedro, Calabria ed Ebrei. Un rapporto stretto e millenario (Foto di Giusy Mazzillo)

ll rabbino chassidico Y.Y. Schneerson ha riportato la tradizione in base alla quale Mosè ricevette da Dio, mentre si trovava nel deserto con il popolo fuggito dall’Egitto, l’ordine di celebrare la festa delle Capanne, in ebraico Sukot. Festa per la quale era fondamentale il cedro che Mosè fece portare da dei suoi messaggeri dalla Calabria, utilizzando delle nuvole come mezzo di trasporto.

Tradizione che ogni anno porta gli ebrei Lubavitch a cercare questo prezioso frutto “dell’albero più bello”, citato per ben settanta volte dalla Bibbia, per la religione ebraica, a Santa Maria del Cedro e a Marcellina, in provincia di Cosenza. 

Del cedro calabrese se ne parla nel TANYA, opera filosofica del gran rabbino Schneur Zalman di Liadi (1745-1812), e nel commento alla Bibbia di Rashi, o Rabbi Shlomo Yitzhaqi  (1040-1105), uno dei più famosi commentatori medievali che visse in Francia intorno al 1500. 

Nei primi giorni di agosto i rabbini di tutto il mondo si danno appuntamento a Santa Maria del Cedro per selezionare, coadiuvati dai contadini locali, i cedri migliori che poi saranno protagonisti della Sukkoth, appunto, la Festa delle Capanne che si celebra ad ottobre e rappresenta per gli ebrei di tutto il mondo l’avvenimento religioso più importante. Festa che ricorda la permanenza degli ebrei nel deserto dopo la liberazione dalla schiavitù dall'Egitto.

Sono 35 i chilometri nei quali il cedro ha trovato la sua casa in Calabria una terra nella quale riesce ad avere il massimo, terreno e microclima ottimale per rendere il suo profumo intenso, inconfondibile.