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Nduja, diffidare dalle imitazioni

Globalizzati si, ma la nduja inglese, anzi la “Yorkshire nduja” non si può proprio accettare. Forse allora è arrivato il momento anche per la Calabria di tutelare in modo più coscienzioso e rigido le proprie risorse enogastronomiche e la nduja è una di queste, forse la più identitaria. Mettersi insieme senza retorica per un obiettivo che deve necessariamente essere comune e condiviso. 

Una tradizione quella della nduja sulla quale le origine sono incerte, spagnole e francesi. In effetti poco importa la Calabria l’ha resa unica e, permetteteci il nostro essere spocchiosi, inimitabile!

Secondo alcuni storici essa fu introdotta dai francesi durante il periodo napoleonico (1806-1815), secondo altri invece, sarebbe stata introdotta insieme al peperoncino nel 1500 ad opera degli spagnoli durante il periodo di dominazione sull'Italia meridionale.
Il territorio del Monte Poro e Spilinga nello specifico, sono la patria di questo insaccato più conosciuto, amato e a questo punto imitato, simbolo di una regione che del peperoncino e dell’arte della lavorazione degli insaccati ne ha fatto un’arte. Nato dalla necessità di utilizzare anche le frattaglie, nel tempo si è "ingentilita" ed oggi è composta prevalentemente da guanciale, pancetta e lardello, ingredienti che le fanno assumere la consistenza morbida. 

È dal 1975 che il 9 agosto Spilinga ospita la “Sagra della ‘Nduja”. Ogni anno, le strade di questa cittadina si colorano di rosso piccante per regalare ai visitatori ospitalità calabrese e sapori unici.